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“You can be Saint”: la risposta friulana al brano di Junior Cally

La canzone, già online su YouTube, interpretato dal rapper Proph e dalla cantautrice Giulia Daici, è frutto di un lavoro a più mani e soprattutto a più menti

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UDINE – Un progetto scolastico che si trasforma in una vera e propria forma di protesta contro un palco monumentale come quello dell’Ariston di Sanremo.
“You can be Saint” questo il titolo della canzone composta da Serena Mosanghini e da Simone Rizzi, insegnante di matematica e compositore dell’Istituto Bearzi, è la risposta friulana, a colpi di beat, all’invito del rapper mascherato Junior Cally a Sanremo (il 29enne mercoledì sera è salito sul palco dell’Ariston presentando il brano “No grazie”. Il rapper ha scelto di esibirsi senza la maschera).
Il brano, già online su YouTube, interpretato dal rapper Proph e dalla cantautrice Giulia Daici, è frutto di un lavoro a più mani e soprattutto a più menti, che condensa musica ed educazione in pochi minuti di registrazione.

“You can be Saint” è stata scelta inoltre come inno della Festa dei Giovani e delle scuole 2020 a Jesolo. “Un’occasione nata da un’idea qualche mese fa, per coinvolgere i ragazzi in un’attività interessante ed educativa– racconta don Filippo Gorghetto, direttore dell’Istituto Bearzi – Il panorama musicale odierno è preoccupante perché la celebrità è a portata di chiunque a prescindere dal contenuto delle canzoni. La musica è uno strumento bello e potente e noi con questo progetto abbiamo cercato di trasformarlo in uno strumento di ascolto e comunicazione con i ragazzi.” “La canzone – racconta l’autore Simone Rizzi – nata come progetto didattico insieme ai ragazzi dell’istituto,raccoglie pensieri, messaggi e situazioni di vita concreta e di disagio dagli stessi studenti. Mettendo ogni riflessione poi in musica né è uscito un brano vero ed autentico che abbiamo scelto di pubblicare in corrispondenza del Festival di Sanremo per lanciare un messaggio positivo in controtendenza con quelli veicolati da alcuni ospiti della trasmissione”.

Parole semplici che descrivono un viaggio evolutivo, quello tipico dell’adolescenza, tra tormenti e prese di coscienza e che rappresenta un modo originale, per creare un dialogo con i giovani d’oggi sempre più persi nella rete (come cita anche il testo), ma sempre fragili nel loro essere adolescenti.
Una canzone, quella composta da Rizzi, che nonostante il ritmo cadenzato ed incalzante tipico del rap, si trova agli antipodi rispetto a quanto espresso nel brano “Strega” del rapper Cally, da qualche settimana al centro della polemica per il suo invito al Festival di Sanremo.
“Resto sempre piuttosto basito quando sento certe produzioni focalizzate sull’esprimere la parte più gretta e bassa della coscienza umana – racconta Rizzi -. Concetti di violenza e odio sdoganati da personaggi dell’attuale panorama musicale, come se niente fosse, pompati con la visibilità che solo il Festival di Sanremo sa dare. Non è il genere a definire l’argomentazione di un testo – conclude – Il rap può essere denuncia, ma anche narrazione e viaggio introspettivo. Quello che non può essere è un veicolo di messaggi così poco etici e che poco hanno da insegnare agli adulti del domani”.

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