Economia & Lavoro
Case di riposo: in Fvg colpite 24 realtà e 500 tra ospiti e operatori
Nuovo allarme della Cgil: “Ritardi nel monitoraggio e nelle protezioni hanno aggravato la situazione”
UDINE – Quasi 500 contagi, di cui 321 riferiti a ospiti e 166 a operatori, pari a quasi un quarto del totale delle persone risultate finora positive ai test in Friuli Venezia Giulia. E un numero di vittime che si attesta ormai sulla settantina, oltre il 40% dei decessi ufficialmente causati dal Coronavirus in regione. Questo, in attesa dei report ufficiali della Regione, il bollettino sugli effetti dell’epidemia nelle case di riposo, che si confermano purtroppo il fronte più difficile, probabilmente anche a causa di ritardi e sottovalutazioni che hanno impedito una migliore protezione degli anziani e delle persone disabili, i più esposti agli effetti del virus.
A fornire i dati, frutto degli incontri tenutisi negli ultimi giorni con le tre aziende sanitarie e «probabilmente sottostimati», i sindacati della Funzione pubblica e dei pensionati della Cgil Friuli Venezia Giulia, che lanciano l’ennesimo appello sull’esigenza di intensificare le misure di protezione per operatori e utenti, «sulla base di protocolli chiari e di regole stringenti, valide per tutto il territorio regionale, e che tengano conto delle diverse situazioni in cui si opera», dichiarano i segretari regionali Orietta Olivo (Fp-Cgil) e Roberto Treu (Spi-Cgil). «Le situazioni di forte criticità – dichiarano ancora Olivo e Treu – e di crescita dei contagi in molte strutture, da Trieste a Paluzza, sono anche lo specchio di inefficienze e ritardi nella gestione dell’emergenza, aggravata da alcuni fattori strutturali, su tutti la bassa intensità di assistenza sanitaria garantita agli ospiti non autosufficienti, le carenze di spazio, la compresenza di operatori in più realtà, a causa del crescente utilizzo di appalti piuttosto che di personale dipendente. Ma hanno inciso sicuramente anche le lacune e i ritardi nella distribuzione dei dispositivi di protezione individuale e il tardivo o insufficiente isolamento dei contagiati, a causa degli spazi carenti e della mancanza di strutture dedicate».
A destare allarme il dato dei decessi, che purtroppo continua a crescere di giorno in giorno e vede punte altissime soprattutto a Udine, dove due terzi dei casi mortali complessivamente censiti in provincia, 34 sui 51 morti positivi al coronavirus, riguarda ospiti delle case di riposo. Bollettino pesantissimo anche a Trieste: secondo quanto riferito da Regione e Azienda sanitaria, infatti, un terzo delle 86 vittime dell’area giuliana, quindi una trentina di casi, è riferibile agli ospiti di case di riposo ed Rsa. Completano il quadro i 6 decessi della provincia di Pordenone (su un totale di 29).
Quanto al numero di strutture colpite dall’epidemia, in base a quanto riferito dalle aziende sanitarie sono 24, di cui 15 a Trieste, 6 a Udine, 2 a Pordenone e 1 a Gorizia. Il timore, però, è che il quadro possa essere tuttora sottovalutato rispetto alla sua effettiva portata. «Timore – spiegano ancora Olivo e Treu – che riguarda in particolare le case di riposo private: nessuna di queste, infatti, risulterebbe coinvolta in provincia di Udine, su un totale di 32 strutture private attive in provincia . Ci auguriamo che sia davvero così, ma chiediamo alla Regione e alle Aziende sanitarie dati certi e garanzie sul monitoraggio della situazione anche nel privato, cui fa capo oltre la metà (5.500) dei 10.800 posti letto convenzionati, con punte del 70% a Trieste (2.100 posti letto su 3.000, con ben 74 strutture private attive sul territorio).
Da qui le richieste che la Cgil rilancia alla Regione, anche con Rossana Giacaz, responsabile Sanità e welfare della segreteria confederale. «Il monitoraggio quotidiano della situazione nelle case di riposo, pubbliche e private, un tavolo sia a livello regionale che aziende per azienda, per consentire una gestione condivisa dell’emergenza tra Regione, Aziende, distretti, enti gestori e forze sociali, con strategie chiare, omogenee e coerenti per circoscrivere gli attuali focolai e prevenire l’insorgere di nuovi casi, attraverso protocolli per l’isolamento e l’eventuale ricovero in strutture dedicate degli ospiti positivi ai test». Indispensabile inoltre «individuare il fabbisogno di personale nelle strutture, accelerare le procedure per la sostituzione degli operatori contagiati, attuare buone prassi per alleviare le condizioni di solitudine forzata degli ospiti e garantire dotazioni certe di dispositivi di protezione individuale, sia nell’ambito delle strutture residenziali che dell’assistenza domiciliare», l’altro settore su cui la Cgil sollecita Regione, aziende sanitarie ed enti locali a una più attenta vigilanza. In tutto, conclude Giacaz, «nell’ambito di una generale ridefinizione del piano socio sanitario alla luce di un’emergenza destinata ad avere lunghi strascichi».
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