Eventi & Cultura
Cultura in ginocchio per l’epidemia: “Applicare la direttiva copyright”
A costo zero per lo Stato, renderebbe finalmente equa la remunerazione dei giornalisti, degli autori e degli artisti per il loro lavoro
UDINE – Centinaia e centinaia di imprese dello spettacolo messe in ginocchio. Migliaia di artisti, attori, danzatori, musicisti costretti a non calcare per mesi i palcoscenici. Milioni di spettatori privati della possibilità di assaporare dal vivo le più svariate espressioni artistiche. Se il durissimo colpo inferto all’economia a causa delle restrizioni per la pandemia da Covid 19, lentamente, si sta allentando, non è purtroppo ancora così per il mondo della cultura, degli autori e degli spettacoli dal vivo. Un mondo che, forse, solo tra qualche tempo potrà riaprire il sipario. «Perché la cultura, se non è ricompensata – scrive Mogol –, muore». Da qui la petizione lanciata dalla Siae, e dal suo presidente Giulio Rapetti Mogol, e fatta propria a livello regionale dal giovane musicista, manager e imprenditore culturale Federico Mansutti, che con la cooperativa SimulArte, di cui è presidente, si è fatto conoscere in quest’ultimo anno per numerose proposte culturali come il progetto Music System Italy o l’ultima edizione di More Than Jazz.
«In questi ultimi mesi – spiega Mansutti, che dopo un master in Media Entertainment Business alla LUISS Business School di Roma, si è dedicato all’approfondimento e alla divulgazione dei nuovi trend dell’industria musicale – con tenacia e spirito di servizio, si sono sperimentate nuove forme di contatto virtuale con il pubblico attraverso il web. Contatti che se sono riusciti a colmare, seppur parzialmente, la distanza tra “palco e platea”, dall’altro il lavoro di migliaia di artisti è stato gratuito. Eppure un modo, semplice e soprattutto a “costo zero” per sostenerli già c’è». Basterebbe, infatti, che anche lo Stato italiano applicasse la Direttiva UE sul diritto d’autore nel mercato unico digitale, che ribadisce l’obbligo da parte delle piattaforme digitali di compensare in modo adeguato i creatori delle opere e gli altri titolari di diritti secondo le leggi sul diritto d’autore. «Se internet, così come ci siamo abituati a vedere in questi mesi, sarà sempre di più una fonte di lavoro per tutti i creativi – continua Mansutti – allora è giusto che ci sia un’adeguata retribuzione del loro lavoro. Dal punto di vista della fruizione, il pubblico ha imparato a godere di contenuti di qualità sempre più elevata ed è bene sappia che chi fa questo lavoro deve essere messo nelle condizioni di poterlo fare in maniera dignitosa. Le diverse categorie, infatti – prosegue –, non hanno mai smesso di produrre e, parlando ad esempio del settore musicale, non si è mai smesso di rendere disponibile e produrre musica di qualità sulle varie piattaforme».
L’ormai nota “direttiva copyright”, per la cui approvazione si sono battuti in tanti, dal mondo dell’informazione a quello della cultura, è ormai realtà. Ma serve ancora un piccolo passo per renderla efficace, ovvero che il Parlamento la attui consentendo che quelle norme approvate a Bruxelles prima e a Strasburgo poi diventino efficaci anche in Italia così da rendere finalmente equa la remunerazione dei giornalisti, degli autori e degli artisti per il loro lavoro. Lanciata dalla Siae meno di una settimana fa, la petizione conta già oltre 16 mila firme. «Tutti – tiene a sottolineare Mansutti – possono sottoscriverla, dagli autori e dai lavoratori dello spettacolo ai singoli cittadini. Solo se saranno tante le voci a farsi sentire, allora il grido d’allarme arriverà più forte alla politica affinché compia questo ulteriore, piccolo passo per rendere operativa una legge che già c’è».
Da qui l’appello a tutti gli enti di produzione, lavoratori dello spettacolo e del cinema, ma anche ogni singola persona della regione a firmare la petizione e a promuoverla al proprio pubblico di riferimento. Nulla di difficile, anzi. Basta collegarsi al sito www.404copyright.it e sottoscriverla. «Non solo io, non solo tutti gli autori e gli artisti ve ne saranno grati – conclude Mogol nella sua lettera-appello –, ma tutta tutta l’industria della cultura e i cittadini italiani che potranno continuare a contare sulla creazione di contenuti che tutelano anche la nostra identità».
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