Economia & Lavoro
Le categorie non ci stanno, il nuovo Dpcm così non va: «Così in migliaia sono a rischio chiusura»
Il Dpcm firmato dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, non piace ai rappresentanti regionali delle categorie che commentano preoccupate le nuove norme che prevedono la chiusura alle 18 per diversi esercizi, fra cui bar e ristoranti
Il Dpcm firmato dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, non piace ai rappresentanti regionali delle categorie che commentano preoccupate le nuove norme che prevedono la chiusura alle 18 per diversi esercizi, fra cui bar e ristoranti.
«L’allarme manifestato da Massimiliano Fedriga sul rischio scomparsa di migliaia di attività economiche ci trova totalmente al fianco del governatore». Lo afferma il vicepresidente nazionale e presidente di Confcommercio Fvg Giovanni Da Pozzo alla luce dei contenuti del Dpcm firmato dal premier Conte che impone lo stop anticipato a bar e ristoranti. «La chiusura alle 18 dei pubblici esercizi e della ristorazione, situazioni in cui, con il rispetto delle regole che vengono applicate rigorosamente dalla grandissima parte degli imprenditori, il contagio non si è diffuso, è una soluzione che non tiene conto della realtà – prosegue Da Pozzo –. La diffusione del virus si è infatti manifestata con la riapertura delle scuole e la non regolarizzazione dei trasporti. Abbiamo perso mesi in chiacchiere inutili senza strategie. La movida? Se ci sono stati degli eccessi, le norme non sono mancate e hanno consentito di sanzionare chi non le ha rispettate».
Da Pozzo aggiunge: «Comprendiamo le esigenze di frenare la seconda ondata della pandemia, perché la salute è il bene primario. Ma queste decisioni vanno a colpire nuovamente chi, nella prima fase dell’emergenza, ha già sofferto danni incalcolabili, rientrati solo in minima parte. È un nuovo choc lavorativo per tante famiglie e l’inizio di un periodo di drammatica incertezza e di una crisi che può essere senza ritorno».
Il presidente di Confcommercio Fvg conclude sottolineando che «la rappresentazione è sempre quella di un Paese in totale confusione e in continuo contrasto politico, fino a scaricare i problemi sulle parti sociali più deboli, piccole imprese e lavoratori, con l’aggiunta di un condizionamento mai visto di una parte di esperti che da troppo tempo si contraddicono, dicendo tutto e il contrario di tutto».
«Ritengo che il nuovo Dpcm si accanisca contro una categoria che ha già abbondantemente pagato il dazio di un lockdown durato ben tre mesi. Bar e ristoranti solo ora stavano cominciando, lentamente, a rialzarsi, e adesso ricevono l’ennesimo schiaffo. Se la chiusura anticipata di tutte queste attività non fosse giustificata da dati incontrovertibili, la riteniamo una decisione ingiustificata e pericolosa. Così si mettono a rischio migliaia di pubblici esercizi e questo potrebbe creare problemi sociali di altissima pericolosità», ha commentato così Marco Zoratti, vice presidente di Confesercenti Fvg, il nuovo Decreto che prevede la chiusura di bar e ristoranti alle 18.
«Voglio sottolineare – ha proseguito – come non siamo affatto convinti che bar e ristoranti siano i luoghi di maggiore diffusione del Covid-19, dato che, proprio queste categorie, si sono sempre dimostrate molto attente al rispetto delle regole. Non crediamo dunque che la chiusura alle 18, così come previsto dal nuovo decreto, firmato la scorsa notte dal premier Giuseppe Conte, possa essere giustificata». Zoratti solleva dubbi anche sui sostegni promessi alle attività più colpite: «Anche i ristori promessi non ci convincono affatto. Sappiamo che c’è differenza tra promesse e reali interventi. Lo abbiamo già sperimentato nei mesi scorsi». Il vicepresidente regionale di Confesercenti, chiudendo, ha precisato come: «Sappiamo bene che il presidente Fedriga ha lottato per risultati migliori, ma sollecitiamo ancora una volta i politici che ci rappresentano a fare pressione affinché queste norme, così rigide, possano essere edulcorate per salvare una parte rilevante dell’economia del Fvg».
«Il Dpcm firmato da Conte è l’ennesima mazzata a un sistema economico già fortemente provato. Siamo sconcertati e preoccupati dinnanzi alle misure che scatteranno da domani ed esprimiamo la massima solidarietà nei confronti delle attività che si vedranno una volta in più penalizzate». A dirlo è il presidente di Confartigianato-Imprese Fvg e Udine, Graziano Tilatti, a margine della conferenza stampa del premier.
«La lista dei settori artigiani colpiti dal nuovo provvedimento si allunga ulteriormente. Accanto alle aziende del trasporto persone, inspiegabilmente ferme mentre vediamo ogni giorno gli autobus del trasporto pubblico strapieni di studenti, si contano ora pasticcerie, gelaterie, pizzerie per asporto e palestre. Realtà che in questi mesi hanno adottato tutte le misure anti Covid possibili e che oggi si ritrovano ugualmente costrette allo stop. Una misura drastica alla quale non saremmo arrivati se il Governo avesse agito in modo tempestivo anziché arrivare lungo all’appuntamento con il riacutizzarsi della curva epidemica. Oggi – continua Tilatti – le imprese pagano l’indecisione dell’esecutivo che per contro garantisce ristori a fondo perduto, senza capire che l’economia reale non chiede assistenzialismo ma lavoro. Migliaia di nostri dipendenti non hanno ancora ricevuto la cassa integrazione di luglio, agosto e settembre e nonostante questo a ottobre saranno ugualmente raggiunti dal fisco per tasse e contributi. Sono figli di un Dio minore?». Chiarisce Tilatti: «La salute viene prima di tutto e va tutelata, senza dimenticare però che ogni misura presa ha un conto da pagare e che il prezzo oggi rischia di essere altissimo, per noi e per il mondo del commercio al quale va tutta la nostra solidarietà. Rischiamo di veder cancellate migliaia di imprese, incapaci di reggere al nuovo urto, lasciando senza lavoro migliaia di cittadini. Un epilogo – conclude il presidente – che non possiamo permetterci».
«La sensazione – afferma Anna Mareschi Danieli, presidente di Confindustria Udine – è che il Governo non sia in grado di gestire sistemi complessi. Continua a navigare a vista senza rendersi davvero conto di quali possono essere le conseguenze di azioni di questo tipo. Se in primavera eravamo stati tutti colti alla sprovvista dal Covid 19 ed eravamo impreparati, poi è successo che le imprese e non solo – in perfetta solitudine – si sono adeguate a protocolli e stringenti regole di prevenzione, non solo a un mercato che è stato letteralmente terremotato dalla pandemia. E iniziavamo a vedere i primi risultati positivi sui portafogli ordine delle imprese, ma anche e soprattutto nella crescente speranza e fiducia dei cittadini”. “Lo Stato sta invece dando ancora una volta prova di inefficienza e improvvisazione – prosegue Anna Mareschi Danieli -, sia nella fase decisoria, sia in quella dell’implementazione delle misure decise (fra l’altro, ritengo ridicolo leggere nell’ennesimo DPCM che “è fortemente raccomandato”). L’estate è stata sprecata nonostante lo schieramento di esperti e ci troviamo oggi con la Francia in testa, che registra oltre 100.000 casi, senza un piano DAD, senza alcuna strategia per i trasporti pubblici, senza vaccini antiinfluenzali sufficienti, che avrebbero potuto permettere una scrematura importante dei casi Covid, e con un virus che, a quanto pare, attacca durante le ore serali e notturne”. “Sulle modalità di alcune decisioni/chiusure – conclude la presidente di Confindustria Udine – vedo un totale non ascolto delle proposte avanzate dalle Regioni. Inoltre, non c’è nessuna distinzione tra chi ha investito per rispettare le norme anti-covid e chi non lo ha fatto. Noi, da industriali, non possiamo che essere solidali nei confronti delle categorie economiche più colpite, che sono messe letteralmente in ginocchio da questo nuovo decreto. Siamo tutti parte di un sistema economico, che è la spina dorsale del Paese, ed è l’unico in grado di darci un futuro. Futuro che non sarà roseo se si continuano ad implementare misure “distruttive” senza una pianificazione reale del come, in termini materiali, è possibile sostenere la parte di popolazione che si avvicina sempre più pericolosamente al reddito zero».
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