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Cronaca & Attualità

La clinica maxillo facciale di Udine supera MIT e Harvard

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UDINE – Un premio alla medicina che osa; che rivoluziona gli scenari reinventando gli approcci; che si adopera e che fa ricerca per elevare sempre più la chirurgia ad arte raffinata e all’avanguardia, attraverso l’innovazione  tecnologica. A quella medicina “sartoriale”, cucita sul paziente, disposta a superare ogni giorno i propri confini trovando nel lavoro di squadra e nella passione dei giovani la promessa più forte per risultati eccellenti. E che sa coniugare progresso, elevati standard di trattamento e contenimento dei costi pur restando empatica, “umana”, vicina alla persona. Un premio che giovedì 29 ottobre, in occasione dei Mimics Innovation Awards 2020, ha fatto riecheggiare il nome del Friuli nel gotha del mondo scientifico mondiale.

Merito del team di Ricerca Clinica Applicata, Facial Care Project, nato nel 2016 in seno alla Clinica Maxillo Facciale dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Friuli Centrale – ASU FC diretta dal Prof. Massimo Robiony, Ordinario presso il Dipartimento di Area Medica dell’Università di Udine.

Merito di un sofisticato lavoro di ricerca scientifica e tecnologica avviato due anni fa sulla progettazione 3D applicata alla Chirurgia ricostruttiva post traumatica dell’orbita, che si è fatto strada tra 90 lavori presentati da 54 colossi in competizione, tra cui MIT (Massachusetts Institute of Technology) e Harvard University, quest’anno addirittura insieme con un progetto di ricerca congiunto.

«È il riconoscimento al grande impegno di squadra, promosso all’interno della nostra Clinica e del nostro Dipartimento, che va nella direzione dell’eccellenza, della crescita culturale, della valorizzazione della ricerca e dell’umanizzazione; di una cultura medica rinnovata e accogliente, dove la tecnologia e il progresso diventano sempre più straordinarie opportunità per migliorare la qualità di vita delle persone accorciando le distanze dal paziente». Non ha alcun dubbio il Prof. Massimo Robiony che proprio due anni fa, deciso a potenziare l’aspetto tecnologico nella pratica chirurgica, ha creato il primo laboratorio di Virtual Surgical Planning e di 3D Printing,  per la progettazione rapida e la prototipazione, proprio all’interno del Centro di Simulazione e Alta Formazione – CSAF diretto dal Prof. Vittorio Bresadola e fortemente voluto, a suo tempo, dall’attuale  Presidente dell’ISS, Prof. Silvio Brusaferro.

Una risorsa ancora più preziosa, in tempo di Covid, per Azienda e Università, per garantire ai giovani studenti la continuità dell’apprendimento, se pure in una fase di contrazione dell’attività clinica; un polo altamente tecnologico e centralizzato dove il team ha potuto perfezionare quella stessa procedura che oggi, in sala operatoria, è già un dato di fatto.

«I sofisticati software di progettazione virtuale di cui disponiamo ci permettono, allo stato attuale, di analizzare perfettamente, nel dettaglio, tutte le immagini radiografiche prodotte da TAC e da Risonanze Magnetiche; ci forniscono quindi il quadro puntuale della situazione del paziente che, in seguito ad un trauma, arriva da noi con fratture del pavimento orbitale interno, tra le strutture ossee che compongono l’orbita in cui è contenuto il globo  – racconta il Prof. Robiony ricordando che il lavoro, se pure in una fase meno avanzata, era già stato premiato due anni fa al Congresso Nazionale di Chirurgia Maxillo Facciale – Grazie alle immagini tridimensionali sappiamo quindi molto chiaramente su quali porzioni dovremo lavorare e che cosa, esattamente, dovremo ricostruire, definendo in anticipo tutte le manovre chirurgiche e progettando l’intervento nei minimi dettagli prima ancora di portarlo in sala operatoria. Attraverso la stampa 3D possiamo infine tradurre quelle stesse immagini, create con la realtà virtuale, in modelli reali e concreti garantendo così al paziente una chirurgia “comprensibile”, personalizzata, di estrema precisione, mininvasiva. Una chirurgia che riduce i tempi operatori, di degenza, le complicanze e che è soprattutto partecipativa, condivisa passo dopo passo, in maniera accessibile, con il paziente stesso».

Ecco perché la tecnica, che consente ad oggi la riparazione del pavimento oculare per via endoscopica e senza incisioni esterne, visibili poi nel post operatorio, si è aggiudicata anche il premio di Categoria, oltre al Global Winner 2020. «Il grande pregio di questo lavoro sta nel fatto che non è rimasto ad una fase potenziale e preclinica ma che ha già dato risultati concreti e misurabili – aggiunge il giovanissimo e brillante Alessandro Tel, medico in formazione specialistica che proprio il 29 ottobre, a fianco del Prof. Robiony, ha raccontato al mondo, in inglese, il cuore della ricerca – Il riconoscimento ottenuto è certamente uno stimolo ulteriore a potenziare il percorso già intrapreso e a motivare tutti quelli che oggi hanno delle idee vincenti, e in cui credono, a farle avanzare, trovando sempre e comunque il coraggio di superare gli ostacoli».

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