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Economia & Lavoro

Nuovo lockdown in Fvg? 20mila imprese del terziario a rischio

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FVG – Con un lockdown totale, quattro imprese su dieci (38%) del terziario regionale, circa 20mila società, sarebbero a rischio chiusura. Ma anche con misure restrittive meno estreme come quelle in vigore, la stima è di 3,2 miliardi in fumo a fine 2020. Sono le allarmanti previsioni dell’indagine sul terzo trimestre curata da Format Research per Confcommercio Friuli Venezia Giulia. «La nostra regione aveva ricominciato a correre da luglio in poi, con aumento della fiducia, dei ricavi e arrivi e presenze turistiche oltre le previsioni – osserva il presidente regionale Giovanni Da Pozzo –; era stata in sostanza una delle regioni che meglio di altre aveva saputo reagire con forza alla situazione nel corso dell’estate, con risultati superiori alla media nazionale. La seconda ondata della pandemia ha però frenato la mini-ripresa». Le categorie più colpite, osserva il direttore scientifico di Format Research Pierluigi Ascani, «saranno proprio quelle che maggiormente avevano investito per adeguare i locali alle norme anti-contagio». Allo stesso modo, sottolinea ancora Da Pozzo «le strutture ricettive ripiombano nell’incertezza, dopo una stagione estiva turistica superiore alle attese, ma il cui contributo al complesso dei ricavi dell’anno potrebbe essere annullato dalla previsione di una stagione invernale decisamente al di sotto rispetto agli standard. Continuano a servire necessariamente aiuti concreti sul fronte liquidità».

Impatto sul tessuto imprenditoriale
In Fvg esistono 78 mila imprese, di cui oltre 51mila operative nel terziario. Al settembre 2020, si registra nel comparto il decremento più marcato degli ultimi dieci anni in termini di imprese attive sul territorio (-500 rispetto al 2019), frutto della decelerazione dell’apertura di nuove attività nei primi nove mesi dell’anno. La seconda ondata del virus lascia presagire un ulteriore calo di iscrizioni per l’ultima parte dell’anno, restituendo una previsione negativa pari al -22% di nuove imprese nate in Fvg 2020/2019.

Clima di fiducia
I mesi estivi hanno coinciso con un recupero della fiducia delle imprese del terziario del Fvg che mostrano un indicatore superiore alla media nazionale. Tuttavia, il ritorno del virus spinge di nuovo in basso il sentiment da qui a dicembre. Al contempo, la ripresa mostrata in estate in termini di andamento dell’attività rischia di essere vanificata nell’ultima parte dell’anno, pur restando al di sopra della media Italia. L’indicatore congiunturale, restituito dalla somma tra coloro che indicano un miglioramento della situazione più la metà di coloro che indicano una situazione di invarianza, sarà pari a 16 al 31 dicembre 2020 (contro il 7 rilevato presso la totalità delle imprese italiane del terziario) rispetto al 21 rilevato nel terzo trimestre (contro il 18 della totalità delle imprese italiane del terziario). L’outlook negativo per la fine dell’anno è legato al clima di incertezza con il quale si sta affrontando la seconda ondata del virus: aumenta la quota di imprese che non reggerebbe un nuovo lockdown (+18% negli ultimi tre mesi). Adottare misure congrue, scongiurando una chiusura generalizzata, è ciò che le imprese auspicano da qui a fine anno: il 38% (+5% rispetto a giugno) sarebbe a rischio cessazione, con ricadute irreversibili per interi comparti.

Consumi e ricavi
La ripresa del terzo trimestre è certificata dal rimbalzo del Pil, che tuttavia non sarà sufficiente a recuperare il gap accumulato nel 2020: a fine anno ci si aspetta un calo del -9,3% in Fvg (peggio della media nazionale, ma comunque al di sopra della media delle altre regioni del Nord Est). Allo stesso modo, nei mesi estivi si è assistito ad una ripresa dei consumi, che rischia di essere del tutto neutralizzata dall’introduzione delle nuove misure restrittive a contrasto della seconda ondata del virus. Misure oltremodo stringenti per il contenimento dell’espansione dei contagi rischiano di peggiorare la previsione (già pesante) del calo dei consumi a fine 2020: in Fvg si passa dal -12,2% ipotizzato in estate al ben più marcato attuale -14%, vale a dire -3,2 miliardi (peggio della media nazionale, ma tra i meno gravi rispetto alle altre regioni del Nord Italia). Il nuovo calo dei consumi annichilirà i risultati ottenuti nel terzo trimestre dalle imprese del terziario del Fvg in termini di ricavi, rappresentando un colpo pesantissimo specialmente per gli operatori della ristorazione e del relativo indotto.

Occupazione
L’introduzione di ammortizzatori sociali quali la Cig ha contribuito a minimizzare l’impatto della crisi sull’occupazione, che ha fatto comunque rilevare un peggioramento nei primi nove mesi del 2020. I dati ufficiali circa gli effetti della pandemia confermano il trend negativo: a metà 2020 sono state già 26mila le assunzioni in meno nel terziario in Fvg rispetto allo stesso periodo del 2019. Gli ammortizzatori in campo sono destinati a perdere di efficacia nei mesi: se confermato lo sblocco dei licenziamenti dal marzo 2021, si rischia un’impennata della crisi occupazionale nel secondo trimestre del prossimo anno.

Liquidità e credito
Torna a peggiorare il sentiment circa i tempi di pagamento dei clienti in vista della fine dell’anno, con evidenti ricadute sulla tenuta finanziaria delle imprese del terziario Fvg, in un quadro in cui già due imprese su tre dichiarano di trovarsi in difficoltà nell’onorare le scadenze a cui sono soggette. I ritardi nei pagamenti, unitamente al nuovo calo dei consumi post-seconda ondata, accentueranno l’instabilità finanziaria, specialmente per le imprese più piccole. La crisi di liquidità delle imprese lascia presagire una prossima stretta del credito da parte delle banche, che temono di incrementare i propri crediti deteriorati per il timore che le imprese non riescano a onorare i prestiti.

Fisco
In questo contesto, il 57% delle imprese del terziario del Fvg dichiara di avere difficoltà nel rispettare le scadenze fiscali. Il dato è più elevato presso gli operatori della ristorazione (bar, ristoranti) e la ricezione turistica. Irpef, Irap, Ires e Tari sono di gran lunga le imposte che più delle altre rappresentano un peso per le imprese in un momento storico di profonda crisi economica.

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