Cronaca & Attualità
Valorizzazione del tumulo funerario di Sant’Osvaldo: accordo tra ateneo, Mibact e Comune
Tre obiettivi: progetti per la fruizione del monumento datato circa 4000 anni fa, formazione di operatori dedicati all’educazione al patrimonio archeologico, prodotti editoriali didattico-divulgativi per le scuole
UDINE – La valorizzazione, fruizione e manutenzione del tumulo funerario protostorico di Sant’Osvaldo a Udine, risalente a circa quattromila anni fa, sono l’obiettivo di una convenzione quinquennale tra Ateneo friulano, Segretariato regionale del Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo per il Friuli Venezia Giulia (MiBact) e Comune di Udine. Il protocollo d’intesa è stato firmato dal rettore dell’Università, Roberto Pinton, dal direttore del Segretariato regionale, Roberto Cassanelli, e dal sindaco, Pietro Fontanini. La collaborazione prevede tre tipi di azioni: progetti didattico-divulgativi, come visite, laboratori, animazioni ed eventi, rivolti, soprattutto, a studenti, studiosi, ma anche a un pubblico più vasto e alla cittadinanza; la formazione di operatori dedicati ad attività di educazione al patrimonio archeologico; la realizzazione di prodotti editoriali divulgativo-didattici per le scuole su temi di carattere archeologico e ambientale.
Gli impegni dei partner. Nell’ambito delle attività di tutela del sito archeologico udinese, l’ateneo garantirà l’accesso al pubblico e la manutenzione ordinaria del manufatto, degli impianti e dell’area circostante il tumulo. Il Comune, tramite i Musei civici, fornirà strumenti e risorse per favorire la conoscenza del sito, organizzando eventi condivisi con i partner, mentre il Segretariato regionale del MiBACT fornirà il supporto istituzionale ai progetti e alle iniziative volte alla promozione culturale e turistica del tumulo. Il Segretariato ha inoltre delegato alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia gli interventi di manutenzione straordinaria dei resti e l’eventuale restauro della sepoltura e delle ulteriori strutture archeologiche presenti sul sito. Il tumulo e tutti i reperti a esso pertinenti sono di proprietà dello Stato, in consegna alla Soprintendenza, mentre l’area in cui sorge (soggetta a vincolo archeologico) è di proprietà dell’Università. Il gruppo di lavoro che coordinerà le attività previste dal protocollo è formato da Elisabetta Borgna per l’Università di Udine, Paola Visentini per i Musei civici, Roberto Cassanelli per il Segretariato e Simonetta Bonomi per la Soprintendenza.
Il tumulo. La tomba di Sant’Osvaldo riveste un ruolo fondamentale per la conoscenza del Friuli antico tra protostoria e periodo romano. Sorge, infatti, in un’area semiperiferica di Udine, un tempo denominata “Pras de tombe”, che è stata luogo di sepoltura nell’antica età del Bronzo e sito di attività produttive in tarda epoca romana. Il tumulo è un’altura artificiale in terra e ghiaia del diametro di circa 26 metri e un’altezza di 4, innalzata al di sopra di una calotta emisferica in ciottoli, che ospitava al centro la camera funeraria realizzata in legno. Fu realizzato intorno al 2000-1900 a. C (antica età del Bronzo) per seppellire un uomo giovane e robusto di 25-35 anni. Il sito è stato esplorato tra il 2000 e il 2002 dal gruppo di ricerca per la protostoria, diretto da Paola Càssola Guida, del dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale dell’Ateneo friulano. Allo scavo archeologico è seguito il ripristino dell’antico monumento, musealizzato mediante la realizzazione di un ambiente che consente la visita alla sepoltura, originariamente inaccessibile. Diversamente dalle tombe etrusche o micenee, infatti, il tumulo udinese non ha mai contenuto una tomba a camera accessibile dall’esterno. Dell’inumato, inoltre, è stato eseguito un calco di resina poliestere di perfetta aderenza all’originale che, sistemato in situ, consente al visitatore di apprezzare le caratteristiche del defunto nella posizione originaria rilevata dagli archeologi. Quello effettuato dall’Università di Udine a Sant’Osvaldo è stato il primo scavo di un tumulo friulano nel quale sia stato possibile applicare un procedimento rigorosamente stratigrafico. Prima dello scavo sono state eseguite prospezioni geofisiche miranti all’individuazione di strutture sepolte. Questo ha consentito di intervenire in maniera mirata e sistematica raccogliendo tutte le possibili informazioni che un tumulo è in grado di fornire. Tra il 2010 e il 2011 sono stati effettuati lavori di restauro e musealizzazione del sito, con la realizzazione di una protezione (progettata dagli architetti Gianluca Rosso e Sophia Los), che rende possibile la fruizione del tumulo da parte del pubblico. I lavori sono stati finanziati dalla Fondazione Friuli (allora Fondazione Crup), dalla Regione e dalla Provincia di Udine.
I commenti. «Grazie a questa preziosa collaborazione – spiega il rettore, Roberto Pinton – il tumulo di Sant’Osvaldo potrà diventare a tutti gli effetti un patrimonio pubblico condiviso a disposizione di tutti e una preziosa risorsa per il turismo culturale di Udine e di tutto il Friuli Venezia Giulia. Questo sito archeologico di grande valore nell’ambito della preistoria italiana ed europea è stato esplorato e studiato con rigore per la prima volta dai ricercatori del nostro ateneo. Ora, grazie anche alle opere già realizzate che rendono visibile la sepoltura dell’inumato con una soluzione originale, sarà finalmente possibile entrare nel cuore di un monumento funerario di quattromila anni fa appartenuto a un antico abitante del territorio udinese».
«Abbiamo aderito con convinzione al protocollo – concordano il direttore del Segretariato, Roberto Cassanelli, e la soprintendente, Simonetta Bonomi – perché l’obiettivo di tutelare e valorizzare al meglio questo eccezionale sito archeologico protostorico rientra pienamente nei compiti che siamo chiamati a svolgere sul territorio regionale. Il tumulo di Sant’Osvaldo, grazie anche alla struttura di protezione e di accesso alla camera di inumazione, rappresenta per i visitatori un’esperienza davvero unica e come tale dobbiamo promuoverla tutti insieme. E non dimentichiamoci che il sito si trova all’interno del comprensorio dell’ex ospedale psichiatrico di Udine, un luogo che – come Ministero – riconosciamo di grande valore, non solo per il pregio paesaggistico e naturalistico del suo parco, ma soprattutto per il significato architettonico e storico del suo patrimonio immobiliare».
«La firma di questo protocollo da parte del Comune, dell’Università e del MiBact – sottolinea il sindaco di Udine, Pietro Fontanini – è un evento a suo modo storico perché ci permette di rendere finalmente accessibile agli studiosi e ai semplici curiosi un monumento che rappresenta non solo una delle più antiche e significative testimonianze della presenza umana sul nostro territorio, ma anche uno dei reperti archeologici risalenti all’età del bronzo di maggior valore a livello europeo. Desidero quindi ringraziare, per il loro impegno e la loro disponibilità, il Rettore Pinton e tutti i ricercatori del nostro Ateneo che per primi hanno studiato il sito, il Direttore del Segretariato Regionale del MiBACT Roberto Cassanelli e la Soprintendente Simonetta Bonomi».
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