Cronaca & Attualità
Covid-19, i segni predittivi nei bambini: lo studio del Burlo Garofolo
FVG – Storia di contatto con casi accertati e mancanza di gusto e olfatto rappresentano, insieme alla febbre, i segni predittivi più importanti per fare diagnosi di Covid-19 nei bambini. Per il resto la manifestazione clinica della patologia è molto simile a quella di molti altri virus. A rilevarlo è uno studio condotto dall’Irccs materno infantile “Burlo Garofolo” di Trieste e recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista medica dell’Ecdc (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie), Eurosurveillance.
Nella ricerca sono stati analizzati circa 2500 bambini e ragazzi di età compresa tra 0 e 18 anni che tra febbraio e maggio 2020 sono stati testati per Sars-CoV-2. I casi sono stati raccolti dal Network Pediatrico Covid del Burlo Garofolo, coordinato dalla dottoressa Marzia Lazzerini, responsabile del Centro Collaboratore OMS, in collaborazione con la clinica pediatrica diretta dal professor Egidio Barbi.
«I dati dei casi testati, – dichiara Marzia Lazzerini – provengono da 31 centri pediatrici sparsi su tutto il territorio nazionale, tra cui ricordiamo il Meyer di Firenze, il Gaslini di Genova e l’Ospedale Universitario di Verona. La febbre è risultata presente nell’81% dei casi, mentre i sintomi respiratori nel 60%. Sintomi neurologici come cefalea, irritabilità, perdita del gusto/olfatto, sono stati riscontrati in circa un bambino su cinque così come sintomi gastrointestinali e sintomi simil influenzali. Sintomi cutanei sono risultati più rari (4%), ma può essere dipeso dal fatto che questi casi non sono sempre indirizzati a un tampone». Lo studio ha inoltre confermato che il Covid-19 nei bambini può avere sintomi isolati. «Nel 25% dei casi, – prosegue Marzia Lazzerini – i bambini hanno manifestato solo febbre senza atri sintomi, nel 6% solo sintomi respiratori, senza febbre né altre manifestazioni, e in alcuni casi rari, ovvero l’1% della nostra casistica, solo sintomi gastrointestinali».
«Il senso dello studio – specifica Egidio Barbi – era quello di cercare di fornire ai pediatri degli elementi discriminativi aggiuntivi a quelli già noti in letteratura per rafforzare il sospetto clinico. In questo senso l’alta numerosità del campione e la natura multicentrica, sostanzialmente nazionale, della casistica rendono queste conclusioni particolarmente forti. Per la diagnosi il ruolo del tampone rimane centrale».
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