Cronaca & Attualità
Il commercio udinese perde insegne. Pavan: «Nell’anno preelettorale non si pensi solo al voto»
Dal 2012 al 2021 il calo è del 13% nel commercio del centro storico (da 564 a 492 imprese) e del 12% nell’area non centrale (da 403 a 354)
UDINE – In un contesto nazionale in cui si sono persi 85mila negozi al dettaglio nelle città italiane (-15,3%), di cui 4.500 nel periodo della pandemia, anche Udine segna una progressiva diminuzione delle insegne. Dal 2012 al 2021 il calo è del 13% nel commercio del centro storico (da 564 a 492 imprese) e del 12% nell’area non centrale (da 403 a 354). Crescono, al contrario, i dati di alberghi, bar e ristoranti: nel complesso si passa da 358 a 369 (+3%) in centro storico e da 235 a 255 (+9%) fuori dal centro.
Quanto al raffronto tra il 2019 e il 2021, il periodo del coronavirus, il terziario ha sostanzialmente tenuto, ma continua comunque il trend all’ingiù: il commercia segna -5 imprese in centro storico e -2 fuori dal centro; i pubblici esercizi e la ricettività -4 imprese in centro e -3 in periferia.
«La situazione rimane di sofferenza – commenta il presidente del mandamento di Confcommercio Udine Giuseppe Pavan –, dato che a una stagnazione dei consumi di tipo strutturale si aggiunge ora l’effetto Covid. Negli ultimi giorni c’è pure il problema della guerra in Ucraina che ha senz’altro un impatto negativo, non solo economico, ma anche dal punto di vista psicologico. Di certo, più in generale, si deve insistere nella ricerca di una nuova capacità di pianificazione, meno burocratica, per dare risposte alle esigenze contingenti e arginare la perdita di funzioni della città. Nell’anno pre-elettorale sarà importante che la classe politica non pensi solo al voto, ma imposti un serio programma di rilancio».
Nel lanciare il monitoraggio #centristorici, Confcommercio, fa sapere il vicepresidente nazionale Giovanni Da Pozzo, «sostiene il rafforzamento dei partenariati locali e la definizione di strategie condivise aderenti alle necessità dei luoghi, al fine di contrastare i fenomeni di desertificazione commerciale e valorizzare il tessuto economico in tutte le sue forme e funzioni, incluse quelle di attrazione culturale e turistica, di sostenibilità di quartiere e di innovazione capillare e diffusa, migliorando – al contempo – la qualità urbana e la coesione sociale». Quanto al Pnrr, «sarà fondamentale il reale coinvolgimento del territorio e una maggiore integrazione progettuale tra i temi urbani e quelli economici, al fine di usare efficacemente i finanziamenti disponibili, a partire dal capitolo per la rigenerazione urbana, ma anche con riferimento alle ulteriori risorse per le città previste dalla nuova Politica di coesione 2021-2027. Nel prossimo settennio, infatti, anche la programmazione europea, in maniera più decisa rispetto alle precedenti, pone il territorio e le città al centro degli obiettivi di policy con il fine di promuovere uno sviluppo integrato e realizzare strategie urbane sostenibili».
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