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Ghiacciaio occidentale del Montasio: nell’ultimo secolo ha perso 40 metri di spessore

Dal 2005 si è stabilizzato, in controtendenza rispetto agli altri ghiacciai alpini 

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FVG – Una perdita di volume del 75% circa e una riduzione di spessore pari a 40 metri, dagli anni ’20 ad oggi. Un calo massiccio non in superficie ma in volume (spessore) fino al 2005 circa, per poi stabilizzarsi, a differenza degli altri ghiacciai dell’arco alpino che registrano una forte perdita di massa di anno in anno, con bilanci sempre più negativi e previsioni sempre meno rosee.  È questo, in estrema sintesi, il quadro che emerge dai risultati del monitoraggio effettuato nella quinta ed ultima tappa della Carovana dei Ghiacciai 2022 sulGhiacciaio Occidentale del Montasio, il più basso dei ghiacciai dell’arco alpino. La campagna di Legambiente con la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano, con partner sostenitori Sammontana e FRoSTA e partner tecnico EPHOTO, è tornata dopo due anni sull’unico Ghiacciaio del Friuli-Venezia Giulia, osservando un ghiacciaio meno fragile, al momento resiliente, ma che potrà sparire insieme agli altri a causa dell’aumento delle temperature e della trasformazione della neve in pioggia.
Con una superficie di circa 7 ettari, un volume stimabile in un milione di m³e una quota di 1900-2000 mt s.l.m. circa, infatti, il Ghiacciaio Occidentale del Montasio rappresenta l’esempio di un piccolo corpo glaciale forte e robusto, la cui resistenza deriva da una combinazione di fattori “fortunati”: la sua esposizione a nord, la marcata protezione delle pareti dello Jôf di Montasio che lo ombreggiano e, con la loro conformazione ad imbuto, lo alimentano con valanghe di neve, e la copertura di detrito che si accumula nella parte bassa che ha un effetto coibentante. Ciò ne garantisce la sopravvivenza, anche nell’ultimo anno non particolarmente favorevole, caratterizzato da temperature sempre più alte e da una scarsa alimentazione nevale, la più bassa degli ultimi 15 anni.

Il ghiacciaio Occidentale del Montasio è un esempio di possibile evoluzione futura di molti piccoli ghiacciai alpini, soggetti ad alimentazione valanghiva e progressivamente ricoperti di detrito, in uno scenario futuro di aumento delle temperature. Allargando lo sguardo alle Alpi Giulie (tra Slovenia e Italia) si osserva che, sebbene la superficie si sia ridotta dell’85% e la massa glaciale totale abbia perso in volume il 96%, negli ultimi 150 anni circa, i piccoli corpi glaciali rimasti – di cui il Montasio è l’unico che può ancora essere definibile come ghiacciaio vero e proprio- hanno registrato bilanci di massa positivi. Infatti, tutti i 23 residui piccoli corpi glaciali delle Alpi Giulie rappresentano un eccellente esempio di resilienza al cambiamento climatico. Ciò in parte dovuto alle abbondanti precipitazioni che riguardano quest’area geografica, a cui si somma il susseguirsi degli eventi estremi che hanno portato negli ultimi anni a nevicate eccezionali in quota, in grado di controbilanciare estati sempre più lunghe e calde.  “La scelta di concludere la terza edizione con il monitoraggio del Ghiacciaio Occidentale del Montasio non è stata un caso. — dichiara Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente — Questo nella sua eccezionalità rappresenta una speranza per il futuro, l’emblema della capacità di resilienza della natura ai cambiamenti climatici: la sua superficie appare pressoché la stessa negli ultimi quindici anni, con delle piccole perdite, ma comunque in una situazione di equilibrio stazionario. Un ghiacciaio senza dubbio speciale, che resiste, ma non si dimentichi che siamo in piena emergenza climatica e che nessuno dei nostri giganti bianchi è esente dai suoi effetti”.

“Il Ghiacciaio Occidentale del Montasio — aggiunge Valter Maggi, Presidente Comitato Glaciologico Italiano e Università degli Studi di Milano-Bicocca— nonostante quest’anno abbia perso molto del firn, ovvero della neve accumulata negli anni passati, registra rispetto agli altri ghiacciai, una situazione in pareggio negli ultimi 15 anni. Una fotografia, questa, ottenuta grazie all’attività degli operatori glaciologici che integrano le tradizionali osservazioni sul terreno con i monitoraggi tecnologici. Attività indispensabili per costruire interpretazioni estrapolabili ad altre masse glaciali simili, ed utilizzabili anche per chiarire gli scenari futuri degli ambienti circostanti ai ghiacciai. “
Ai monitoraggi, realizzati dal Comitato Glaciologico Italiano in collaborazione con Legambiente, hanno partecipato: Valter Maggi, Federico Cazorzi, Stefano Perona del Comitato Glaciologico Italiano; Sandro Cargnelutti, Presidente Legambiente Friuli-Venezia Giulia; Silverio Gjurgevich, Presidente CAI Friuli-Venezia Giulia. In collaborazione con RUS – Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile, Università di Udine, Università di Trieste e CAI FVG e con la partecipazione degli alpinisti Nives Meroi e Romano Benet, testimonial della campagna e di un gruppo dei carabinieri Meteomont Veneto-Friuli. Nella giornata, un omaggio alla bellezza e al prezioso servizio che svolgono i ghiacciai a cura di Paolo Forte alla fisarmonica. Sono intervenuti nella conferenza stampaValter Maggi, Presidente Comitato Glaciologico Italiano, Università Bicocca Milano; Federico Cazorzi, Comitato Glaciologico Italiano, Università di Udine; Sandro Cargnelutti, Presidente Legambiente Friuli-Venezia Giulia; Ivana Bassi, Università di Udine; Silverio Gjurgevich, Presidente CAI Friuli-Venezia Giulia; Gianluigi Gallenti, Università di Trieste. A moderare Vanda Bonardo, Responsabile nazionale Alpi Legambiente.

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