Economia & Lavoro
Rapporto 2022 della Fondazione Nord Est: sviluppo minacciato dal calo demografico
Mareschi Danieli: “Abbiamo bisogno di strategie di medio-lungo termine, perché altrimenti rischiamo di rimanere, di emergenza in emergenza, in una prospettiva schiacciata solo sul presente, priva di slancio”
FVG – Il futuro sta passando perché in Fvg, come in tutta Italia, lo sviluppo dell’economia è minacciato dal calo demografico: già oggi le aziende non trovano più giovani da assumere e nelle scuole ci sono sempre meno bambini. Per invertire la tendenza è necessario essere attrattivi. È quanto ha messo nero su bianco il rapporto 2022 della Fondazione Nord Est presentato oggi nella Torre di Santa Maria a Udine, nel corso di un incontro dal titolo “Il futuro sta passando – Chi è pronto e chi no” promosso dalla stessa Fondazione in collaborazione con Confindustria Udine. “Abbiamo bisogno di conoscere per comprendere e quindi agire – ha evidenziato Anna Mareschi Danieli, vicepresidente di Confindustria Udine, in apertura di incontro -; solo così riusciremo stare al passo con i repentini trend di mercato. Abbiamo bisogno di strategie di medio-lungo termine, perché altrimenti rischiamo di rimanere, di emergenza in emergenza, in una prospettiva schiacciata solo sul presente, priva di slancio”. “Gli esempi – ha aggiunto Mareschi Danieli – non mancano e riguardano gap strutturali che stanno diventando cronici. Denatalità, sostegno alla famiglia e al women’s empowerment, orientamento e formazione delle competenze richieste dalle imprese e non disponibili sul mercato del lavoro, gestione controllata ed efficace dell’immigrazione qualificata, una pubblica amministrazione efficiente, infrastrutture adeguate, costo del lavoro sostenibile, certezza del diritto, cuneo fiscale e così via. In poche parole, costruire in modo rapido un ambiente friendly per chi fa impresa, in modo tale da generare valore e ricchezza, che poi possa essere redistribuita. Perché, attenzione: quelli che ho velocemente, e non esaustivamente, elencato non sono solo problemi per le sole imprese. Sono questioni strutturali che ci riguardano tutti. Perché territori nei quali il numero dei lavoratori attivi è già oggi pari a quello dei pensionati non rendono sostenibile il sistema e l’ambiente da ogni punto di vista”. Le ha fatto eco Luca Paolazzi, direttore scientifico di FNE: “Abbiamo in mano il nostro destino, senza se e senza ma, anche qui nel Nord-est, ricomprendendo nel trattino tanto il Triveneto quanto l’Emilia Romagna. Basta saperlo e decidere quale futuro vogliamo. Perché il primo passaggio obbligato di ogni riflessione sul domani è svestirsi dell’abito mentale che ci sia un solo domani come esito ineluttabile dell’oggi. Comodo per non far nulla e aspettare gli eventi. O peggio, per arroccarsi a difesa dell’esistente, inclusi gli interessi personali. Pericoloso perché ci porta al declino, come è accaduto negli ultimi vent’anni”.
Paolazzi, che si è detto convinto che “i nostri territori del Nord Est hanno tutte le potenzialità per tornare a correre come in un tempo non lontano”, ha invitato allora i presenti a pensare al futuro come a “un meraviglioso arazzo tessuto da miliardi di mani e usando migliaia di miliardi di fili. Per scrutare il futuro servono raziocinio e follia creatrice, ovvero i tratti distintivi degli imprenditori, responsabili per chi lavora con loro e attratti dall’innovazione. Ma altro esempio dell’arazzo futuro è il numero di giovani che vivranno in Italia, un numero che dipende non solo dalla fertilità, ma anche dalla capacità di trattenerli e attrarne da altrove. Molti arriveranno dall’Africa subsahariana”.
Il Nordest – ha spiegato Gianluca Toschi, ricercatore senior di FNE – continua ad essere un’area dinamica rispetto al resto d’Italia. Nel periodo che va dal 2000 al 2019 il Pil della macroregione è cresciuto del 9,1%, quello del resto d’Italia del 2,6%. L’area si pone ai vertici nazionali anche per una serie di indicatori che catturano il benessere e sono legati a temi come la qualità delle istituzioni, l’istruzione e formazione e il lavoro. Pur crescendo più del resto d’Italia, il Nord-est negli ultimi vent’anni è tuttavia cresciuto a tassi inferiori rispetto a quelli delle altre macroregioni europee. Una dinamica che ha portato a un sensibile scivolamento verso il basso nella classifica per Pil procapite: dal decimo posto del 2000 al ventottesimo nel 2020 a livello continentale. Toschi ha parlato pure degli effetti sul lungo periodo del calo demografico. Nel 2052 i ‘nonni’ del Nord-est (70-79 anni) saranno quasi il doppio dei loro ‘nipoti’ (0-9 anni). Servirebbero 50mila nuovi lavoratori non qualificati all’anno provenienti da fuori Nord-est per preservare un mondo del lavoro simile a quello attuale. C’è peraltro il rischio che neppure la richiesta nordestina di lavoro qualificato venga soddisfatta, per il fatto che diversi giovani scelgono impieghi qualificati fuori dalla macroarea e per l’auspicabile upgrading della struttura produttiva che genererebbe un incremento della domanda di occupati qualificati. Toschi, nel soffermarsi sul mutamento del tessuto produttivo nordestino, ha evidenziato come questo abbia perso dal 2001 al 2019 il 16,7% delle unità impiegate nelle attività manifatturiere (da 1.401.832 a 1.167.168), una forza lavoro che purtroppo, è passata a servizi a minor valore aggiunto. Il cambiamento emerge pure da una ricerca effettuata nel campo della meccanica sulle skills più richieste dai capireparto: al declino delle abilità tecniche e fisiche fanno da contraltare il maggiore apprezzamento per le abilità cognitive, la proattività, il pensiero critico, la capacità di gestione e le competenze relazionali.
Paolazzi ha quindi indicato chi può dirsi pronto e chi no dinanzi alle sfide del futuro. “E’ pronto, ad esempio, chi rende possibili nuove azioni nel presente; chi sperimenta novità; chi si prepara a diversi futuri possibili; chi sa che i futuri comunque sorprenderanno; chi ritiene che i giovani laureati allarghino e allunghino lo sguardo aziendale; chi concepisce l’impresa come un progetto in continua espansione; chi attrezza il territorio con servizi che conciliano lavoro e vita familiare; chi punta a governare i flussi migratori e organizza l’accoglienza; chi guarda a orizzonti di dieci-venti anni; chi considera i lavoratori persone da coinvolgere nel progetto-impresa; chi sfrutta la sostenibilità come un’opportunità; chi considera imprevedibili i rischi e rafforza resilienza e capacità di adattamento, anche attraverso la formazione; chi organizza il lavoro integrando persone di varie età, ciascuna portatrice di saperi e capacità; chi rende la propria azienda vigile; chi progetta i prodotti e i processi in ottica di piena circolarità e riuso. È seguita quindi una riflessione a due tra lo stesso Luca Paolazzi e Gianpietro Benedetti, presidente di Confindustria Udine e presidente reggente di Confindustria FVG.
“Non sarei così pessimista – ha esordito Benedetti -. Il fatto è che viviamo in Italia in un momento in cui l’ascensore sociale si è elevato e le nuove generazioni sono sempre meno numericamente ma anche sempre meno disponibili a fare certi lavori. Cosa fare? La priorità immediata è regolare l’immigrazione qualificata, aggiornando le leggi sui permessi di soggiorno sulla falsariga di quanto avviene in Germania. Serve poi aggiornare la scuola, sin dall’asilo, insegnando le softskills e premiando il merito sia di chi studia, sia dei docenti. Inoltre, bisogna agire sull’orientamento”. Benedetti ha convenuto con il rapporto FNE sul fatto che “siamo oramai un popolo di pensionati. La politica parla sempre di spendere ma, per spendere, bisogna prima avere e, quindi, riuscire ad aumentare il Pil. Per fare questo la politica deve supportare l’intraprendere e creare un ambiente più friendy per chi fa impresa”. Il presidente Benedetti sulle prospettive future ha poi citato un detto peruviano che recita “Non sono soddisfatto, ma sono felice”. Si è detto convinto che il futuro dipenderà anche dalle conseguenze che comporterà “il passaggio in atto da un mercato globale ad un mercato macroregionale. Tutto ciò influenzerà il fare e anche la logica degli approvvigionamenti. Inoltre, la riduzione della CO2, in cui tutti siamo e saremo impegnati a contribuire, darà nuovo spazio e nuova vita all’economia in tutte le sue fasi”. La presentazione del rapporto della FNE 2022 è stata concepita anche come contaminazione e un ruolo importante è rivestito dall’arte, in ogni sua espressione. Da qui gli inframmezzi artistici all’evento tenutosi nella Torre di Santa Maria del poeta Lorenzo Mullon e dell’attore Mirko Artuso.
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