Economia & Lavoro
Il gender gap in Fvg: una donna su tre lavora a tempo parziale, solo una su quattro è un quadro
Indagine di Chiara Cristini e Alessandro Russo di Ires Fvg
FVG – Le donne rappresentano oltre la metà della popolazione in Italia (in regione sono il 51,2%), tuttavia non hanno ancora raggiunto la piena parità, soprattutto nel mondo del lavoro. A che punto siamo in Friuli Venezia Giulia?
Gender gap occupazionali per età. Nel mercato del lavoro regionale, scrivono in un’indagine i ricercatori di Ires Fvg Chiara Cristini, referente per le Pari Opportunità, e Alessandro Russo, il tasso di occupazione evidenzia il permanere di un gender gap significativo: a fronte di un tasso maschile del 74,4%, quello femminile è del 60,2%. Una “forbice” di 14,2 punti percentuali, in diminuzione nell’ultimo triennio, ma superiore rispetto al dato del 2018. Confrontando le province, nel 2021 Trieste ha l’indicatore più alto (65,0%), seguita da Udine (59,9%), Pordenone (59,2%) e chiude Gorizia (56,0%). Guardando alle classi di età, il divario dei tassi maschili e femminili tra i 25-34 anni è di 15,4 punti percentuali e si amplia ulteriormente nella fascia successiva dei 35-44enni, raggiungendo i 24,2 punti percentuali. Tra i motivi, rimane la difficoltà di gestire lavoro e famiglia: l’età media al parto per le madri è di 32,28 anni e l’evento rappresenta ancora uno spartiacque nelle opportunità lavorative, di carriera e di orario per molte donne. Un ulteriore elemento da sottolineare è il fatto che per i maschi il tasso di occupazione massimo è raggiunto nella fascia di età 35-44 (94,5%), per le donne si osserva nella classe di età successiva (45-55 anni), ma su valori decisamente inferiori: 78,2%.
Il part time si conferma una forma di lavoro “al femminile”. Per quanto sia aumentato nel corso del triennio anche per gli uomini (raggiungendo il valore massimo del periodo considerato, pari all’8,2%), va sottolineato il fatto che nel 2021 una donna su tre (33,9%) ha un lavoro a tempo parziale. Una quota inferiore rispetto al dato del 2018 (35,1%) ma che presenta un andamento crescente nell’ultimo triennio. Vale la pena ricordare come questa forma di orario non sia solo una soluzione di conciliazione dei tempi, ma sia anche involontaria e vada ad impattare sul livello di reddito, sulle opportunità di crescita professionale e, nel lungo periodo, anche sulle pensioni. Le donne occupate hanno titoli di studio medio-alti. Considerando in particolare il Fvg, infatti, su 100 uomini occupati poco più della metà (54,4%) sono diplomati e il 17,7% sono laureati. Tra le femmine la quota di diplomate è del 47,6%, mentre le laureate costituiscono il 30,9%. Nelle coppie, prevalgono i casi in cui entrambi i partner lavorano. Se si osservano le coppie, nel 2021 in Fvg, in oltre la metà dei casi entrambi i componenti lavorano (55,8%), valore di dieci punti percentuali rispetto al dato nazionale (45,0%) e lievemente inferiore al dato del Nord Est.
Più precarie degli uomini. I dati dei primi nove mesi del 2022 dimostrano come le assunzioni stagionali e intermittenti abbiano assorbito in maggioranza donne, mentre il lavoro a tempo indeterminato ha riguardato prevalentemente gli uomini (su 100 assunzioni di questa tipologia, l’incidenza femminile è del 38,5%). Complessivamente, su 100 donne assunte, poco più di 12 sono a tempo indeterminato, mentre su 100 uomini assunti, 16 hanno questo tipo di contratto. Resiste il “soffitto di cristallo”, sono ancora poche le donne dirigenti: sono solo il 14,9% tra i livelli apicali, mentre poco più di una donna su quattro è un quadro (27,5%). Sono la maggioranza tra i profili impiegatizi (59,1%), poco più di un terzo tra gli operai (34,3%). Rappresentano il 42,5% tra gli apprendisti e oltre la metà tra le “altre tipologie” di inquadramento (59,2%).
Il gender pay gap, ovvero la differenza retributiva tra maschi e femmine è pari al 35,5%, dato su cui pesano le tipologie di orario, di contratto e di settore in cui lavorano. In particolare, il divario più ampio si rileva tra gli operai (42,7%), gli impiegati (38,0%) e i dirigenti è del 30,8%. Una forbice meno marcata si osserva tra gli apprendisti (19,1%) e i quadri (18,8%). Nel settore dei servizi si rileva il maggiore differenziale retributivo tra maschi e femmine (33,8%), seguito dal commercio (29,4%) e dal manifatturiero. Nella ristorazione il divario è pari all’11,9% e in edilizia è del 6,7%.
Il Pnrr prevede misure e investimenti volti a promuovere la parità di genere nel mercato del lavoro, puntando a rimuovere gli ostacoli strutturali e culturali che ancora oggi limitano le opportunità occupazionali delle donne, i loro percorsi di crescita professionale ed economica. Oltre agli interventi diretti sull’occupazione e l’imprenditorialità femminile e quelli indiretti, per il potenziamento dei servizi per minori e di alcuni servizi sociali, sarà strategica la capacità di favorire la diffusione di pratiche innovative di welfare aziendale e di prossimità, in cui pubblico, privato e terzo settore attivino strategie collaborative, ma anche l’adozione della certificazione della parità di genere nelle aziende.
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