Economia & Lavoro
Primo trimestre in Fvg: su i contratti a termine e quelli stagionali, giù le assunzioni
Le dimissioni dei lavoratori sono sempre più diffuse e costituiscono ancora la motivazione di gran lunga principale dell’interruzione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato
FVG – Nel primo trimestre del 2023, in base ai dati forniti dall’Inps, il numero di assunzioni in Friuli Venezia Giulia nel settore privato (esclusi i lavoratori domestici e gli operai agricoli) è diminuito dell’1,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. In particolare, spiega il ricercatore dell’Ires Fvg Alessandro Russo, si rileva una consistente flessione del numero di nuovi contratti di lavoro in somministrazione (-16,8%, pari a 1.500 assunzioni in meno), probabilmente dovuto a un rallentamento delle attività manifatturiere. In provincia di Gorizia (-23,1%) e Pordenone (-26,1%) si registrano le variazioni negative di maggiore entità di questa tipologia contrattuale. Anche le assunzioni a tempo indeterminato evidenziano una contrazione, sebbene molto più contenuta (-1,5%, 100 in meno), condizionata dalle dinamiche negative dell’area giuliana (-5,4%) e della Destra Tagliamento (-3,8%). Al contrario si rilevano significativi incrementi per i contratti di lavoro intermittente (+17,5% in regione e +39,8% in provincia di Pordenone) e stagionale (+5,3%), molto diffusi nel comparto turistico.
Le dimissioni dei lavoratori. Tra gennaio e marzo 2023 le cessazioni dei rapporti di lavoro sono diminuite in maniera ancora più consistente delle assunzioni (da 31.493 a 29.156, pari a -7,4%). L’Istat ha in effetti registrato un incremento dell’occupazione dipendente in regione nel primo trimestre di quest’anno (mentre è diminuita quella indipendente). Le dimissioni dei lavoratori sono sempre più diffuse e costituiscono ancora la motivazione di gran lunga principale dell’interruzione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Nel 2014 le dimissioni davano conto di poco meno della metà di tutte le cessazioni dei contratti a tempo indeterminato, a partire dal 2021 la loro incidenza supera il 75% (nei primi tre mesi di quest’anno è stata pari al 77,6%). Le cessazioni di natura economica hanno un peso sempre minore, da quasi il 40% nel 2014 a valori vicini al 10% nell’ultimo triennio. Nel tempo è invece aumentata l’incidenza dei licenziamenti disciplinari dei lavoratori a tempo indeterminato (dal 2,5% del totale nel 2014, all’attuale 6,1%).
La durata effettiva dei contratti. L’analisi della composizione percentuale dei contratti conclusi in base alla durata effettiva rende possibile una valutazione, seppure indiretta, del grado di “volatilità” dei rapporti di lavoro. A tale scopo è possibile utilizzare i dati forniti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che, a differenza di quelli dell’Inps, si riferiscono anche al settore Pubblico, a quello agricolo e al lavoro domestico. In base all’analisi di questi dati si può evidenziare che i contesti occupazionali delle regioni del Nord rivelano una dinamica delle cessazioni caratterizzata da una quota considerevole di rapporti di lunga durata, più del resto del Paese. A conferma di ciò si osserva che le regioni con l’incidenza più elevata di rapporti cessati dopo almeno un anno dalla data di attivazione nel 2022 sono stati: il Piemonte (25,2%), la Lombardia (24,9%), il Veneto (24,1%) e il Friuli Venezia Giulia (22,4%, contro un valore medio nazionale pari al 17,5%). Nello specifico della nostra regione, inoltre, il 41,5% dei rapporti cessati nel 2022 si è concluso entro 3 mesi dall’attivazione (contro il 50,7% a livello nazionale), di cui il 23,6% entro 1 mese (33,7% in Italia) e il 5,4% entro 1 giorno (12,6% a livello nazionale; si tratta di contratti diffusi nel mondo dello spettacolo, tanto che nel Lazio sono il 38,5% del totale).
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