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“Pronto.. parlo con Fernanda Pivano?!”

A quindici anni esatti dalla scomparsa de la ragazza che scoprì l’America, un aneddoto straordinario che ne delinea la squisita personalità: l’intervista con Michele Maier

Massi Boscarol

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Fernanda Pivano a quindici anni dalla scomparsa: le sue traduzioni hanno fatto conoscere i più grandi scrittori americani ad intere generazioni di lettori

TRIESTE, (MILANO) – Hemingway, quelli della Beat Generation, Fitzgerald, Bukowski: sono solo alcuni dei nomi che la ragazza che scoprì l’America (mai titolo fu più azzeccato per una biografia!), Fernanda detta Nanda Pivano, ha tradotto per noi comuni mortali donandoci un pezzo di immortalità… letteraria.

A distanza di quindici anni esatti dalla sua scomparsa, Michele Maier, imprenditore di Trieste, nonché cantante e titolare di alcuni progetti musicali importanti quali Stardust (tribute a David Bowie con tourneè nazionale) e Chicago Swing Quartet (omaggio allo swing degli anni cinquanta con occhio di privilegio su the voice Frank Sinatra), ci racconta del suo unico, particolare, originalissimo incontro con la scrittrice e traduttrice più amata della sua generazione.

“A quel tempo, e parlo della fine degli anni novanta, ero presidente del Charles Bukowski Reading Club con il quale, a Trieste, organizzavo eventi in puro spirito… bukowskiano in luoghi… bukowskiani! Vecchie osterie, bar malfamati, luoghi decadenti che ospitavano letture e proiezioni (Barfly di Barbet Schroeder su tutti!) per un pubblico di appassionati, malcapitati, personaggi improbabili, gente che cercava un ultimo bicchiere, vari ed eventuali” è la fotografia che ci restituisce il Maier di quella stagione da ventenne.

Ho avuto anch’io vent’anni, e non permetterò a nessuno di dire che quella è l’età migliore della vita”, sentenziava Paul Nizan, uno degli scrittori più influenti del Novecento francese. MM ha vent’anni e una passione sfrenata per le letture di Charles Bukowski, si diceva: in particolar modo legge e rilegge il libro/intervista che ha scritto su di lui la Pivano. E’ pieno agosto, come oggi, e il nostro – complice la sfacciataggine tipica di una certa età di cui sopra – ha una delle sue (come le chiama lui) epifanie.

“Pomeriggio torrido, sonnolento, pigro: prendo il telefono e chiamo un amico che viveva a Milano. Senti, fammi un piacere: vedi sulle Pagine Bianche se c’è il numero di questa persona: Pivano, Fernanda.” Specifica per i più giovani: a quel tempo (e sembra di parlare delle piramidi!) per contattare una persona vi erano dei libri – chiamiamoli così – suddivisi per zona, all’interno dei quali ordinati in ordine alfabetico i nomi e i cognomi degli abbonati all’utenza telefonica. Una volta trovato il nominativo desiderato, a fianco vi era scritto il numero di telefono fisso (collegato con un cavo alla parete di casa), prima del quale bisognava inserire il prefisso dell’area desiderata. Dopo aver composto il numero, si chiamava a casa della persona che, naturalmente, non sempre rispondeva. Ma questo succede come sappiamo anche oggi.

Tu-tu, tu-tu, tu-tu. 

Pronto?!

Pronto… Parlo con Fernanda Pivano?!

“Qualcosa mi disse che era proprio lei prima ancora di ricevere risposta affermativa. In un istante caddi nel caos più totale. Dall’altra parte della cornetta avevo un mito assoluto e io non sapevo cosa volevo dirle, sapevo solo che volevo parlare con lei” intercala Michele. Una voce gutturale, rauca, che sapeva di sigarette, indimenticabile, continua nella descrizione il nostro protagonista ad occhi chiusi, con l’intento di ritornare là, in quel preciso istante, in quella precisa… epifania.

Che cosa desidera – chiede naturalmente FP a quel punto. MM si presenta, si qualifica e confida: “ho appena finito di leggere la sua intervista a Bukowski e volevo parlare con lei in merito!”

“Intuì immediatamente che lei capì subito che non cercavo alcun vantaggio, privilegio, momento di notorietà, ma che ero disinteressato, e questo mi tranquillizzò. Dapprima formale, la conversazione si spostò quindi su un piano colloquiale. Le raccontai dei miei incontri – anzi dei miei scontri – con i libri del mio autore favorito, di come li leggessi tutto d’un fiato, del malessere fisico come un pugno allo stomaco che mi generavano e di come mi ritrovassi nella sua inquietudine, nella sua autodistruzione. Oggi ricerco la bellezza, allora cercavo quella voce che desse parole ad un malessere interno e solo Charles sapeva così perfettamente e chirurgicamente selezionarle” intercala Maier.

L’umiltà che hanno solo i Grandi: ad un certo momento la situazione si ribalta ed è Fernanda che inizia a far domande al suo interlocutore: si fa raccontare del club, MM ne descrive gli affiliati come dei randagi in contrapposizione agli allora sedicenti ammutinati (che a suo avviso erano dei rivoluzionari da salotto, fedele espressione del sistema), con focus naturalmente sul concetto di nichilismo che pervade tutta la poetica di CB.

“Ad un certo momento – saranno passati quaranta minuti, anche se il tempo pareva davvero in una bolla – il tono prese un’altra piega, amichevole questa volta; ed ecco la magia: lei diventa… Nanda! Nanda mi fa i complimenti per l’opera di divulgazione che porto avanti, ne sottolinea l’importanza di far conoscere il nostro come scrittore, come grande scrittore!, e non solo come personaggio maledetto!” E scatta il parallelismo, in direzioni diverse, con Jim Morrison dei Doors.

Ed ancora il tormento, il vivere ai margini, l’autodistruzione: Nanda si emoziona! “Fate bene”, è il commento minimalista che risorge dai ricordi di Michele. La scrittrice ora rimembra la sua di intervista – con Charles – di come si aspettasse un antieroe che le avrebbe vomitato addosso la sua rovina, perennemente sopra le righe, verbalmente violento. Ed invece un gentiluomo, accogliente, dolce e che ci rimane male perché… lei è astemia! “Del resto Hemingway me lo rinfacciava sempre!” con sprazzi di autoironia.

Sipario della telefonata più improbabile della storia della letteratura con la nostra che cambia nuovamente disposizione d’animo e diviene affettuosa. “Mi parve, in quell’istante, di parlare alla pari con lei. Con un mito, con un’icona, con un’entità che consideravo irreale e che allora – sebbene collegati solo da un filo – si manifestava in tutto il suo essere. Mi sono sentito apprezzato e lei, dopo avermi dato il numero di telefono dell’agente di Bukowski… mi ringraziò! Chiusi la telefonata e rimasi per diversi minuti a chiedermi – ma davvero… Fernanda Pivano ha ringraziato me?!” 

Hemingway, quelli della Beat Generation, Fitzgerald ed ovviamente Bukowski: Michele ha dipanato questo suo dubbio, questa sua incredulità, questo troppo bello per essere vero, ma era vero veramente! Noi, assieme a lui, rimaniamo con una certezza: che ci sono intere generazioni di lettori – ed altrettante seguiranno – perennemente in debito con lei, perennemente in debito con Nanda.

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