Musica
“Ma quando ci ricapita?!”
I soliti noti tutti in un’unica notte: le superstar del jazz italiano capitanate da Bollani tutte sullo stesso palco per un evento che resterà nella storia al Politeama Rossetti
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TRIESTE – Negli ultimi anni li abbiamo visti più che mai spadroneggiare in tutte le rassegne d’Italia: da nord a sud, da est a ovest, ieri al Politeama Rossetti nel Ponte a Nordest edificato appositamente per GO!2025. Una sorta di ambasciatori, moschettieri, numi tutelari del jazz puntuali, onnipresenti, immancabili (creando talvolta qualche mal di pancia, ammettiamolo) e seguiti da un pubblico che spesso travalica i confini della musica in controtempo. La televisione aiuta – sia chiaro – ha sempre aiutato, e il capofila, dotato di innegabile charme e un risolutore spirito giocoso, è riuscito a catturare davanti al piccolo schermo grandi e piccini, musicisti di ieri e di oggi, frustrati, vincenti ed aspiranti tali per un format di squisita fattura. Così, qualcosa del genere, esponenzialmente più vibrante, è arrivato anche in quel di Trieste.
E allora Stefano Bollani, lo si presentava, leader del progetto All Stars, con Enrico Rava, Paolo Fresu, Daniele Sepe, Antonello Salis, Ares Tavolazzi e Roberto Gatto. Tutti i soliti noti, tutti in una sola notte e pochi giorni per provare. “Siamo degli improvvisatori per cui ci siamo dati una regola, un indirizzo, per delimitare il campo e abbiamo optato pertanto per… musiche da tutto il mondo!” Sarà la prima gag del mattatore degli ottantotto tasti. Ilarità del parterre a seguire.
Funziona così: i mostri sacri sono suddivisi in piccoli gruppi, a volte si esibiscono in duo, in trio, in quartetto, che poi diventa quintetto, e così via. Si parte con due brani di Rava dalle atmosfere cinematiche ispirati alle sceneggiature di Hitchcock e alle composizioni di Nino Rota. Da qui il viaggio prosegue per la Sardegna, sale sul palco Antonello Salis con la sua fisarmonica e sembra che non abbia mai lasciato l’isola, vivendo sul molo di un porto da dove si salpa per l’ovunque, respirando musica e arrostendo al sole.
Ad ogni ingresso segue un’ovazione. Daniele Sepe, che se non lo conosci potrebbe essere il tipo che cucina la sfrittuliata al chiosco di quelli giusti, con tanto di bandana. Dialogo frenetico tra il suo sax e colui che lo ha preceduto sul palco del Politeama.
Nel mentre l’incedere catwalking di Roberto Gatto, delicato ed elegante, come se il caso non fosse suo. Siparietto nordico, qualche parallelo più a nord, dedicato alla cara vecchia Stoccolma. Manca solo il – faccio l’accento svedese?- di fantozziana memoria, ma l’atmosfera è quella di una festa tra amici.
Tre ospiti di grande talento come special guest: la prima, Frida canta Didone, spostandoci nella good old England. Lirica chiama jazz, ci si commuove con la voce della figlia di Bollani. Yerakina, dello stesso sassofonista napoletano: canto al mare con incedere ellenico, coraggiosa la scelta di far battere al pubblico le mani in sette ottavi, esperimento decisamente riuscito.
Ponte culturale e generazionale, s’accennava: geografico, evidentemente e d’età, con signori attempati e giovani speranze. L’antica Ichnusa ancora, ovazione per Fresu come da facile previsione. E’ la volta della Romania, titolo impronunciabile ma grande potenza evocativa. Qui introduce Tavolazzi, incedere zingaresco e dialoghi tra fiati: apri la finestra sul Mar Nero e sullo sfondo vedi lo skyline di Chicago.
Un concerto, un happening, un unicum. La gente in ogni ordine di posto scatta foto e posta #iocero. Una ballata del 1784, e siamo in una Francia in anni poco raccomandabili. Poi la tarocca Elvis facendo milioni di dollari e Christian Mascetta, secondo ospite, ne fa una versione in un italiano antico, per un passaggio che pare inserito a demarcare il giro di boa. A seguire dialogo madrigale in controtempo tra pianoforte e chitarra (ahinoi mal amplificata!).
Dai palchi vecchie volpi smaliziate e ciniche commentano una cosa del tipo “non ci rifileranno mica una glorificazione dell’Europa unita in musica?!” Per fortuna non è così: Bollani e Salis scongiurano il pericolo con un tango. Rilancia Matteo Mancuso, terzo giovane tra le leggende, con una spaziale Billy Boy from U.S.A.: disinvoltura blues out of the blue, virtuosismo chitarristico senza alcun sforzo. E’ un delirio!
Il capogita prende il microfono in mano ed intercala “Mussorgsky, un autore russo.” Ma… abbiamo capito bene, ha detto… russo?! Sì, Bollani ha detto russo. Aggettivo squalificativo di indicazione geografica, impronunciabile fino all’altro ieri nonchè depennato, ora può ritornare nel vocabolario della nostra lingua. E’ un vero piacere sentire che il vento – da non confondersi da queste parti con Bora – sia davvero cambiato!
Un attimo dopo però si rischia l’incidente diplomatico quando il nostro chiede se tra il pubblico ci siano solamente triestini, o comunque friulani, e con buona pace dei bisiachi. Ma è una serata tra amici, dicevamo. Se la ride king Velliscig, ne ha ben donde.
Theme for Jessica di Enrico Rava per il gran finale, tutti sul palco e tutti assieme appassionatamente. “Ma quando ci ricapita?!” si chiede il Bollani. Mai, è la risposta. Chi c’era c’era, e chi non c’era se la farà raccontare per tanti anni in avvenire da chi c’era! Notte memorabile a nordest.
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Il Politeama Rossetti: tutto esaurito per il Bollani All Stars @Pierluigi Bumbaca fotografo
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