Cronaca & Attualità
Morti sul lavoro, la rabbia di Pablo Perissinotto: «Basta chiamarle fatalità»
La denuncia di Pablo Perissinotto dopo la tragedia di Daniel Tafa: «Non chiamatela sfortuna, ma violazione dei diritti sul lavoro»

La morte del ventiduenne Daniel Tafa, avvenuta in fabbrica nel corso della notte a Maniago, ha scosso profondamente la comunità e acceso un acceso dibattito sui social. Tra le voci più critiche si è distinta quella di Pablo Perissinotto, noto cantautore pordenonese ed ex operaio meccanico, che in un intervento sui social ha definito l’episodio tutto tranne che un semplice “infortunio sul lavoro”.
La denuncia di Perissinotto
«Questa notte un ragazzo è morto sul lavoro a Maniago, trafitto alla schiena da una scheggia incandescente», ha denunciato duramente Perissinotto, accusando direttamente un sistema che ignora la sicurezza per inseguire esclusivamente la logica del profitto. «I giornali parlano di “infortunio”, usando termini come “fatalità” o “caso sfortunato”. Immaginate andare dai genitori di Daniel a dirgli che il figlio è morto per una fatalità», ha affermato con amarezza.
La realtà dietro gli incidenti
Secondo Perissinotto, definire questi eventi tragici come “fatalità” significa ignorare sistematicamente le vere cause dietro ai decessi sul lavoro. «Ogni giorno in Italia muoiono mediamente tre lavoratori, tutte fatalità? No, questa non è sfortuna», ha ribadito il cantautore operaio.
Dopo vent’anni di esperienza diretta come meccanico, Perissinotto denuncia apertamente condizioni di lavoro spesso al limite della legalità. Ha raccontato di dispositivi di sicurezza rimossi temporaneamente per accelerare la produzione e rimessi in funzione soltanto in occasione delle ispezioni, oppure di apparecchiature mai riparate per risparmiare costi, e persino di giovani stagisti mandati allo sbaraglio senza esperienza né supervisione.
L’indifferenza verso la sicurezza
Il cuore della denuncia del cantautore operaio è rivolto all’indifferenza con cui si affrontano quotidianamente questioni fondamentali legate alla sicurezza. «Ho visto lavoratori, me compreso, essere allontanati o minacciati quando reclamavano più sicurezza», sottolinea Perissinotto, descrivendo una realtà spesso invisibile all’opinione pubblica. Una condizione psicologica opprimente, aggravata dalla consapevolezza che la salute fisica e psicologica degli operai viene sacrificata in nome della produttività e del profitto.
Una riflessione necessaria
La tragedia di Daniel Tafa rappresenta, secondo il cantautore operaio, una drammatica occasione per riflettere sulla mancanza di una vera cultura della sicurezza nelle imprese e nelle fabbriche italiane. «La vera sfiga è parlarne solo quando qualcuno muore», ha concluso amaramente Perissinotto, invitando lavoratori, imprenditori e istituzioni a cambiare radicalmente approccio per evitare altre morti evitabili.
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