Pordenone
Una casa, una battaglia: il sogno di una famiglia che non si arrende
Crowdfunding a Pordenone per salvare una casa all’asta: la battaglia di una famiglia colpita dalla malattia del padre

Una diagnosi devastante ha cambiato il destino di una famiglia di Pordenone. Franco, 56 anni, artigiano imbianchino molto conosciuto, ha dovuto interrompere la propria attività a causa di una rettocolite ulcerosa che lo ha reso invalido al 90%. Da quel momento, la moglie Francesca ha lasciato il lavoro per occuparsi di lui. I tre figli, studenti, hanno dovuto fare i conti con un nuovo equilibrio familiare.
Il peso della malattia
“Fino a dicembre non riusciva ad alzarsi dal divano”, racconta Noemi, la figlia maggiore. Dopo diversi interventi e la necessità di convivere con una stomia, Franco è riuscito a recuperare un minimo di autonomia, ma ha bisogno di assistenza quotidiana. Le entrate si sono azzerate, i debiti si sono moltiplicati, e le banche hanno avviato le procedure per la vendita all’asta dell’abitazione.
Una famiglia che resiste
Noemi, 24 anni, ha trovato un lavoro come educatrice dopo gli studi a Trieste, diventando l’unica fonte di reddito. Le mancano due esami per laurearsi. Il fratello frequenta la scuola superiore, la sorella ha iniziato infermieristica. Un equilibrio precario, sostenuto da piccoli aiuti del Comune, della Caritas e dall’assegno d’invalidità di 300 euro al mese. Ma il pensiero fisso è sempre lo stesso: salvare la casa.
La corsa contro il tempo
Con il supporto di avvocati, la famiglia ha ottenuto il blocco temporaneo dell’asta, a patto che il debito venga saldato entro novembre. “Abbiamo già pagato due rate, ne manca una da 30 mila euro”, spiega Noemi. Da qui è partita una campagna di crowdfunding, che ha già permesso di raccogliere metà dell’importo, grazie alla generosità di amici, conoscenti e persone comuni.
Una casa da difendere
La casa non è solo un bene materiale. È il simbolo di una stabilità perduta, ma non dimenticata. Perdere l’abitazione significherebbe cancellare il luogo dei ricordi e degli affetti. “Ciò che mi spaventa di più è il morale dei miei genitori”, confida Noemi. “Toglierci questo peso ci permetterebbe di respirare. Io ci credo, e non mi arrendo”.
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